Il cannabigerolo (CBG) è uno dei 113 cannabinoidi scoperti finora e sembra che abbia un grande potenziale. Per questo motivo, questa sostanza è sempre più al centro della ricerca. Tra le altre cose, al CBG vengono attribuite proprietà antinfiammatorie, antitumorali e antibatteriche.
Il cannabigerolo è anche farmacologicamente interessante perché non è psicotropo, cioè non produce il tipico “sballo” della cannabis comunemente associato al THC. Inoltre, è abbondante in alcune varietà di canapa industriale.
Gli scienziati dell’Università di Barcellona in Spagna hanno studiato le proprietà del CBG nel 2018. Hanno scoperto che l’effetto del fitocannabinoide sul recettore dei cannabinoidi 1 (CB1) può essere misurato. I risultati di questa ricerca suggeriscono che il CBG contribuisce alla regolazione della trasduzione del segnale endocannabinoide.
CBG: un’arma contro i germi resistenti agli antibiotici?
La resistenza agli antibiotici è un problema globale e minaccia di annullare i successi passati nella lotta alle malattie. Gli antibiotici sono usati per trattare gravi infezioni batteriche. Tuttavia, non appena un nuovo farmaco è sul mercato, di solito non passa molto tempo prima che compaiano le prime resistenze.
La cannabis sativa è nota da tempo per contenere cannabinoidi antibatterici. Ma il potenziale della pianta per combattere la resistenza agli antibiotici è stato finora studiato solo superficialmente. In questo senso, ricerche recenti hanno esaminato questo problema. Gli scienziati canadesi hanno scoperto che il cannabigerolo può essere efficace contro le infezioni e fermare i patogeni multiresistenti.
Forse il CBG potrebbe così diventare una nuova arma nella lotta contro i cosiddetti superbatteri. Questi germi multiresistenti rappresentano una minaccia per la salute pubblica e sono stati un problema negli ospedali per molti anni. Molte di queste infezioni ospedaliere sono causate da MRSA (ceppi di Staphylococcus aureus resistenti alla meticillina). A causa delle ridotte opzioni di trattamento, infezioni gravi come la sepsi hanno il doppio delle probabilità di causare la morte per agenti patogeni multiresistenti rispetto a sepsi con ceppi batterici sensibili.
Nello studio presentato, i ricercatori hanno testato cinque cannabinoidi per le loro proprietà antibiotiche. Hanno scoperto che il cannabigerolo è particolarmente efficace nell’uccidere i patogeni dell’MRSA. Test di laboratorio hanno dimostrato che il CBG può anche dissolvere “biofilm” di MRSA difficili da scivolare.
Topi curati con CBG
Dopo che il CBG ha avuto successo contro i batteri in vitro, i ricercatori hanno testato la capacità del cannabinoide di curare le infezioni negli animali.
Nella ricerca sui topi, il CBG è risultato efficace quanto la vancomicina nella cura delle infezioni da MRSA . Pertanto, questo antibiotico è considerato un’alternativa efficace contro gli stafilococchi multiresistenti.
Per i ricercatori, questi risultati “rivelano il potenziale terapeutico ad ampio spettro dei cannabinoidi”. Tuttavia, sono necessarie molte più ricerche per determinare se il CBG è sicuro da usare come antibiotico.
Cannabigerolo e protezione delle cellule nervose
Il morbo di Parkinson, la corea di Huntington o il morbo di Alzheimer , insieme a molte altre condizioni, sono considerate malattie neurodegenerative. Causano una perdita di funzione o la morte delle cellule nervose. L’infiammazione e lo stress ossidativo svolgono un ruolo importante in questo processo.
Ricercatori italiani hanno scoperto che diversi composti naturali nella pianta di cannabis, come il cannabigerolo, possono avere effetti neuroprotettivi contro queste infiammazioni e lo stress ossidativo. In questo modo, potrebbero proteggere dalla perdita di cellule nervose.
In laboratorio, gli scienziati hanno dimostrato che il trattamento con CBG protegge le cellule nervose dalla morte cellulare. Il CBG ha agito contro l’infiammazione e lo stress ossidativo . Pertanto, i ricercatori concludono che “questi risultati hanno indicato gli effetti neuroprotettivi del CBG, che potrebbe essere un potenziale trattamento contro la neuroinfiammazione e lo stress ossidativo”.
Insomma, possiamo dire che il CBG avrà un ruolo nel futuro trattamento di malattie come il Parkinson o l’Huntington. Già nel 2015, gli scienziati di Madrid avevano ottenuto risultati positivi nella ricerca che esaminava l’effetto del CBG sui topi con malattia di Huntington.
Quali cultivar producono CBG?
I ceppi francesi Santhica 23, Santhica 27 e Santhica 70 (letteralmente “Sans THC”, senza THC) sono esempi di cultivar (varietà agricole della stessa specie botanica) ad alta concentrazione di Cannabigerolo (CBG: 1.5 – 2.0%).
In alcuni casi, anche nelle colture della varietà Carmagnola italiana, è presente una piccola percentuale di piante ad alto contenuto di CBG, rispetto alla normale prevalenza di CBD.
In Italia l’azienda AppeninoFarm ha recentemente registrato Energy CBG. Una nuova varietà con fino al 9% di CBG. Puoi trovare tutte le caratteristiche della pianta cliccando qui.
In buona sostanza Energy è una varietà che è tata sviluppata dalla mescola di Cannabis indica e cannabis sativa. E’ una pianta molto resistente e si adatta benissimo sia per coltivazioni indoor che outdoor.
Conclusioni:
Il CBG, un fitocannabinoide presente nella pianta di cannabis in basse concentrazioni, è stato selezionato dai ricercatori per studi sul possibile meccanismo d’azione dei derivati della cannabis per trattare la resistenza agli antibiotici.
Questo perché il CBG oltre ad essere il fitocannabinoide con la migliore attività antibatterica ha anche altri vantaggi:
- Non produce effetti psicotropi;
- può essere sintetizzato in laboratorio in modo semplice ed economico, da olivetolo e geraniolo, composti già disponibili;
- se più paesi regolamentassero il CBD come farmaco, il CBG potrebbe essere un’ottima alternativa per le aziende che non soddisfano gli standard richiesti per i principi attivi farmaceutici e potrebbero invece scegliere di coltivare il CBG.
- Forse la cosa più importante, le prove dei ricercatori mostrano che il CBG non induce resistenza antimicrobica nello S. aureus resistente alla meticillina.
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