Sia nei negozi biologici che nei supermercati spopolano gli alimenti che contengono canapa fra gli ingredienti. Pasta con farina di canapa, pesto alla canapa e addirittura bevande arricchite con canapa.
La cannabis è una pianta coltivata da millenni, di cui esistono un elevato numero di varietà. Fino agli anni ‘30 l’Italia era il secondo paese nel mondo per produzione di canapa a uso tessile, successivamente soppiantata da altre fibre, più economiche e più facili da ottenere; dopo è stata tolta dal mercato per limitarne l’utilizzo come stupefacente, impiego che è dovuto alla presenza, in particolare nelle infiorescenze, del principio attivo tetraidrocannabinolo. L’uso come farmaco è legato anche alla presenza del cannabidiolo (CBD), sostanza della stessa famiglia del THC ma priva di effetto stupefacente, cui sono attribuite diverse funzioni terapeutiche.
La rinascita delle coltivazioni di cannabis è arrivata con la legge n.242 del 2016 che autorizza la coltivazione della cannabis sativa, purché si tratti di semi certificati che producono varietà con tenore di THC inferiore allo 0,2%, con una tollerabilità che arriva fino allo 0,5%, perché la concentrazione di principi attivi dipende anche dalle caratteristiche del suolo e dalle condizioni climatiche (nelle varietà con effetti psicoattivi il THC varia dal 7 al 27%). In seguito a questa legge l’interesse è aumentato rapidamente e con questo anche gli ettari coltivati. Si tratta di “canapa industriale” destinata alla ricerca, alla bonifica dei terreni, ma anche alla produzione di fibre tessili, materiali per la bioedilizia, oli combustibili, alimenti e cosmetici.
Questa volta parleremo di quella che troviamo negli alimenti e, già prima della legge n.242, l’impiego dei semi di canapa negli alimenti era stato autorizzato da una circolare del Ministero della Salute del 2009. Nel cibo si usano prevalentemente i semi o i derivati dai semi, che non contengono THC se non in tracce, a causa di eventuali contaminazioni con le infiorescenze: isemi possono essere utilizzati così per come si trovano oppure per produrre olio o farina per ottenere pane o pasta.
La normativa però, attualmente, è incompleta, dato che si è in attesa di un regolamento che precisi qual è il tenore massimo di THC tollerato nelle diverse categorie di alimenti, come olio, pasta, farina ecc.
I semi, nello specifico, sono particolarmente ricchi di acidi grassi polinsaturi essenziali (i famosi omega-6 e omega-3), che nell’olio di canapa sono presenti in rapporto ottimale, come accade in pochi altri alimenti; per tale motivo, l’olio non andrebbe usato come condimento, ma come integratore alimentare, consumandone un cucchiaino al giorno. La farina, invece, mantiene solo una piccola quota di acidi grassi omega-6 e omega-3, ma è particolarmente ricca di proteine con un elevato valore biologico, con tutti gli aminoacidi essenziali. Il seme di canapa contiene anche numerose vitamine, fra cui la E e le vitamine del gruppo B.
Tra gli scaffali dei supermercati si trovano molti prodotti: la pasta distribuita da Fior di Loto (venduta da NaturaSì a 6,60 €/kg) contiene il 20% di farina di canapa, mentre nel pesto di canapa e basilico a marchio Il Nutrimento (30 €/kg alla Coop).
C’è anche il dessert a marchio Sojade al cacao e canapa, a base di succo di canapa, con il 4,2% di semi, e la bevanda “Stai sereno” di Pfanner – spremuta di frutta con canapa e cannella – dove l’estratto di semi si ferma allo 0,05%.
In ogni caso si tratta di prodotti controllati, che seguono percorsi che ne garantiscano la sicurezza: non ci resta altro che armarci di fantasia e sbizzarrisci tra i fornelli!