Chi sta male prega per non soffrire o, in ogni caso, per soffrire meno, cercando una qualità di vita migliore. Sembrano parole ovvie ma il dott. Bernardo ne ha viste di tutti i colori durante la sua carriera quale primario delle cure palliative, ed ha cercato di aiutare i suoi pazienti in tutti i modi. Così sostiene: “Ci sono colleghi che parlano di cannabis terapeutica con un mezzo sorriso. Come fosse farsi una canna…”. Invece no.
“Come per gli oppiacei – spiega a sua volta Roberto Pittini, anestesista dell’Asl di Merano – la cannabis terapeutica, in molte sue versioni di tipo cannabinoide, ha ormai 20 anni di evidenza medica”. Che significa, prove, esperienze, richieste, test clinici. E con un vantaggio: “Rispetto ad altre medicine convenzionali, la cannabis mostra alta efficenza medica e soprattutto effetti collaterali minimi” spiega Peter Grünfelder, corpo e anima con Stefano Balbo di “Cannabis social club” che ha organizzato negli scorsi giorni una conferenza proprio sulla cronicità delle malattie e la loro inguaribilità diffusa. Un esempio? “Molte volte, quando si prescrive un comune antidolorifico, il medico è costretto ad aggiungere anche un gastroprotettore, per impedire dolori di stomaco… Ecco, questo modo di procedere diventa complesso di fronte ad un uso prolungato, come negli anziani o nei cronici e costringe a riempirsi di farmaci”, dice ancora il presidente del Csc.
Mai come quest’anno l’incontro ha visto la presenza di primari e clinici di vasta esperienza. “Abbiamo provato con successo i cannabinoidi anche nella sclerosi multipla – sostiene a sua volta Francesco Teatini, primario di Neurologia al San Maurizio – e c’è un progressivo uso delle fluorescenze in medicina in tutti i livelli. C’è un potenziale terapeutico in questi preparati che è ormai indubitabile, tante sono state le evidenze cliniche. Fatte di benefici e di alleviamento significativo del dolore. Tanto che la cannabis è ormai una opzione che diventa sempre più presente in corsia e nelle prescrizioni”.
“È importante parlarne standosene lontani dai pregiudizi – spiega Massimo Bernardo – osservare le evidenze, prendere atto dell’enorme quantità di pazienti che stanno cronicizzando le loro patologie. Sì, -ammette ancora Bernardo – non sono scomparse le resistenze nel mondo medico. Rispuntano ovunque, anche dove l’esperienza potrebbe suggerire il contrario. Ma sono ostacoli culturali, non scientifici”.