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La normativa sulla canapa

Il 2016 verrà ricordato come l’anno in cui è stata approvata la famosa legge che regolamenta il settore della cannabis light. Anche se in Italia è dal 1998 che si è ricominciato a coltivarla, sappiamo di avere una solida tradizione alle spalle, ancora viva nel tessuto sociale di famiglie, paesi e comunità intere. Nonostante la coltivazione di canapa industriale non sia mai espressamente stata vietata nel nostro Paese, la mala interpretazione delle leggi antidroga ha portato le forze dell’ordine ad arrestare e sequestrare le coltivazioni di chi negli anni ’70 e ’80 aveva provato riprendere la coltivazione della canapa da fibra o da seme. Questa situazione di incertezza si è protratta fino al 1997.

POSSO COLTIVARE CANAPA? La risposta è sì. In Italia è possibile coltivare canapa utilizzando sementi registrate nell’Unione europea che abbiano un contenuto massimo di THC certificato dello 0,2%.

Non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2%. Quindi significa che la comunicazione alla più vicina stazione forze dell’ordine, mediante un modulo denuncia, non è più necessaria.

Gli unici obblighi per il coltivatore sono quello di conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi e di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.

La percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore. Gli eventuali controlli verranno eseguiti da un soggetto unico e sempre in presenza del coltivatore, e gli addetti al controllo sono tenuti a rilasciare un campione prelevato per eventuali contro-verifiche. Qualora la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,5%, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in questo caso “è esclusa la responsabilità dell’agricoltore“.

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